Diario Creativo intervista il dott. Fabio Arletti, ideatore del progetto formativo che integra esperienze di modellaggio con DAS e disegno con GIOTTO, in un percorso ispirato ai principi della Gestalt
Lo scorso marzo, all’Hospice Madonna dell’Uliveto di Albinea (RE), la formazione per le operatrici e gli operatori sanitari è uscita dai consueti schemi: non frontale, non teorica, ma esperienziale. Il progetto, intitolato “Conosci te stesso e fanne buon uso”, è stato ideato e condotto dal dott. Fabio Arletti, psicologo psicoterapeuta in formazione, con un approccio ispirato ai principi della terapia della Gestalt.
Particolare spazio è stato dedicato all’utilizzo della pasta per modellare indurente all’aria DAS e all’attività del disegno con i colori GIOTTO, proposti come strumenti espressivi per facilitare l’ascolto e il contatto con sé stessi.

Il contatto diretto con una materia plasmabile e morbida come DAS ha favorito un coinvolgimento profondo e diretto del corpo e delle mani, aiutando a portare alla luce emozioni e vissuti interiori tramite la costruzione di forme tridimensionali. Nel contesto gestaltico, modellare significa anche trasformare: dare forma a contenuti interiori, iniziare a modificarli e creare un cambiamento.
In un secondo momento, il disegno è stato utilizzato come strumento per esprimere pensieri, emozioni e vissuti interiori attraverso colori, forme e segni. Anche in questo caso, l’intento non era estetico, ma esplorativo, con l’obiettivo di realizzare sulla carta un’immagine o una forma legata ai propri pensieri e alle emozioni trasformandole in una forma di esperienze.
Per saperne di più, abbiamo fatto qualche domanda al dott. Fabio Arletti, che ci ha raccontato da dove è partita l’idea del progetto e perché, anche nel contesto sanitario, la creatività può diventare uno strumento prezioso.
1. Come è nato il progetto formativo “Conosci te stesso e fanne buon uso”?
Il progetto nasce da una mia esperienza con il residenziale della scuola di psicoterapia che sto frequentando. In diversi momenti abbiamo utilizzato DAS e creato una forma - sagoma del nostro corpo - dove l’oggetto ‘creato‘ andava ad inserirsi nella sagoma. Dopo di che è stata colorata e descritta.
Il fine era di dare un senso al dolore.
2. Cosa l’ha portata a scegliere strumenti creativi come il modeling con DAS e il disegno?
Per la qualità e un ritorno ad una fase ‘fanciullesca’ dove tutti hanno utilizzato sia i colori che DAS. Prima di procedere con il lavoro si è dedicato del tempo allo svolgimento di esercizi di respirazione e di ballo. In modo da prendere ‘contatto’ con le proprie emozioni e i propri vissuti. Da quel punto di partenza si è iniziato. La mente era bandita e lasciata fuori, in modo tale che emozioni e corporeità potessero esprimersi.

3. Qual è, secondo lei, il valore di esperienze creative come questa nei contesti di cura e nella formazione degli operatori sanitari?
Ho scelto liberamente di dedicare tempo e dedizione nel dare una forma al dolore. Dentro di noi abitano degli opposti: ogni emozione esprime un desiderio. Possiamo comprenderlo meglio facendo riferimento a uno dei capisaldi della Gestalt: il tutto è più della somma delle sue parti. Ad esempio, la paura ha il desiderio della rassicurazione. Se abbiamo incontrato una parte, sicuramente abbiamo vissuto precedentemente il suo opposto. Quando due opposti si incontrano e si accolgono, nasce sempre una nuova consapevolezza. Ogni persona, accogliendosi e ascoltandosi, permette a qualcosa di nuovo di nascere.
Gli operatori sanitari hanno a che fare con diverse dinamiche, la frustrazione di non essere valorizzati per il lavoro che svolgono, turni di lavoro massacranti, e vivono, soprattutto in oncologia e altri reparti fragili con la morte.
Gli operatori sanitari hanno a che fare con diverse dinamiche: la frustrazione di non essere valorizzati per il lavoro che svolgono, turni di lavoro massacranti, e soprattutto in oncologia e altri reparti fragili, vivono a contatto con la sofferenza.
La forma creativa e creatrice permette a loro stessi di capirsi con uno sguardo diverso, più attento e compassionevole. Solo quando si è appreso e capito si può arrivare a donare.
4. E a lei, cosa ha restituito questo percorso?
Lo riassumo con la conclusione di una poesia di Veronica Shoffstall dal titolo ‘Imparerai’:
‘’È che la vita vale quando si hanno il valore e il coraggio di affrontarla…”
